Nome ALESSANDRO Cognome MAGINI
Titolo LA TORRE BARBARA
Genere Ensemble
Mezzi di esecuzione baritono, mezzosoprano, voce recitante, pianoforte, violino, violoncello, flauto (in do, in sol, basso)
Data composizione 2001 Durata 25′
Autore testo, Dino Campana
Editore Ema Vinci Edizioni
Anno di edizione 2012 numero standard EV20 (www.emavinciedizioni.it/latorrebarbara)
Note all’opera
La Torre Barbara (titolo ricavato da un passo de La torre rossa) non vuol essere un “centone campaniano”, tantomeno intende forzare il senso di una personalissima lingua poetica; è più semplicemente una sorta di “diario di lettura” che riporta – con apparente casualità – parole e immagini annotate durante le mie numerose visitazioni degli scritti di Campana, che ripropongo in partitura nel tentativo di farli “suonare” con la naturale forza di un’emozione complessa. Frammenti di frammenti, dunque, che appaiono così come la memoria li ha istintivamente rubricati. Solo in seguito, rileggendoli, ho notato che il loro accostamento poteva suggerire un sistema di concatenazione simile al riflesso di una narrazione, come può essere però la narrazione del sogno di un sogno, piena di vivide immagini e di zone d’ombra, discontinua e “verticale”, in qualche modo “polifonica”, così come “polifonicamente” il sogno stesso spesso si manifesta.
Trovo sorprendenti gli scritti di Campana per la grande energia che scaturisce dalla forza espressiva di un pensiero naturalmente correlato al mito, ma senza l’artificio di una speculazione aridamente erudita; quasi una frequentazione istintiva del mito stesso attraverso una personalissima idea di “classicità”, sospesa fra annichilimento e sublimazione, fatta di folgoranti visioni che trapassano dai sogni, o saettano con energia incontenibile dalla realtà. Emerge poi la ricercatezza del frammento, residuo di una instabilità strutturale-espressiva che si illumina, o si adombra, secondo i riflessi di un “orfismo” attraverso il quale conoscere, per via mistica, il senso della poesia e il suo manifestarsi.
E’ in considerazione di questo delicato equilibrio tra visione poetica e potenza espressiva – connotato dall’apparente semplicità di un pensiero complesso – che ho tentato di interpretare la parola campaniana inserendola in un nuovo contesto “drammaturgico”, ma rispettandone fondamentalmente il senso poetico e il suo naturale fluire. Consapevole delle conseguenze di tali scelte, spero almeno che questo “racconto polifonico” abbia mantenuto, del sogno, la forza emotiva e la vivacità delle immagini, custodi gelose dei molti e profondi significati che la poesia di Dino Campana racchiude.
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